Indice


Lezione 1 –  Tecnica – La macchina
Tipi di fotocamera – Reflex system – Il pentaprisma – Il foro stenopeico e l’immagine capovolta – Il grande formato – Le lenti e la lunghezza focale – La messa a fuoco e i cerchi di confusione.

Lezione 2 – Tecnica – tecniche del diaframma e dell’otturatore
Tempi di esposizione lenti – La rappresentazione dello scorrere del tempo – Il flash associato ai tempi lunghi e il light painting – L’apertura del diaframma e la profondità di campo – Massima profondità di campo nella fotografia di paesaggio – Minima profondità di campo nel ritratto

Lezione 3 – Tecnica – I movimenti dei piani. Decentramento verticale e orizzontale. Basculaggio. Regola di Scheimpflug
Il rapporto fra il piano di messa a fuoco, il piano della lente e il piano del soggetto – I movimenti dei piani – Decentramento verticale e decentramento laterale – Rotazione dei piani e regola di Scheimpflug – Utilizzo “creativo” del basculaggio.

Lezione 4 – Storia della Fotografia – La nascita del mezzo
Le origine dell’inquadratura – Leon Battista Alberti – La Camera Obscura – Fissare l’immagine della camera oscura: gli inventori –  Niepce e Daguerre. Talbot – La statalizzazione dell’invenzione della fotografia

Lezione 5 (+ 1)- Storia della Fotografia – I primi utilizzi
Le Excursions Daguerriennes – I Daguerrotipisti ritrattisti – Il calotipo – L’album photographique di Blanquart-Evrard. Maxime Du Campe – Il collodio – La mision eliographique – La carte de visite – Nadar – Le prime applicazioni artistiche – Guerra, Esplorazione, Progresso, Impero – La conquista del movimento

Lezione 6 & 7 – Tecnica – Sviluppo del negativo
Una raccolta di schede dei principali marchi di soluzioni per lo sviluppo e relative pellicole, riportanti le istruzioni di diluizione, tempi e agitazioni.

Lezione 8, 9 & 10 – Techniques – Media theatre – Digital photography and lighting
Nascita del digitale – Funzionamento del sensore – RGB – Cenni sul colore – “Post-fotografia”
Esercitazione di riproduzione fotografica dell’opera d’arte. Riproduzione di dipinti e statue.

Lezione 11 – Storia della Fotografia – Pittorialismo – Straight photography – Avanguardie – Fotografia documentale – Campagne pubbliche
Arte o no? – Linked ring, Camera notes, Photo Secession, Camera Work – Straight photography – Avanguardie – Fotografia sociale, fotografia documentaria, campagne fotografiche pubbliche

Lezione 12, 13, 14 , 15 – Stampa fotografica in bianco  e nero e sviluppo del progetto personale.
Aggiungere le tabelle con diluizioni, tempi, tecniche di stampa

 

 


Lesson 1 – Technique – The machine

35mm – medium format – large format field camera – polaroid – point n shot – digital – reflex –  mirrorless – compact camera – Il diaframma e l’apertura – L’otturatore e il tempo di esposizione –

Negative format. 35 –  medium – large

Reflex System

 

 

Field Camera

Lens

 

 

 

Lunghezza focale

Misura la distanza in mm fra il centro ottico della lente e il sensore (o il piano della pellicola) della fotocamera. È determinato con la camera a fuoco sull’infinito. Le lenti prendono il nome dalla loro lunghezza focale e si può trovare questa informazione sul corpo degli obiettivi. Per esempio una lente da 50 mm ha una lunghezza focale di 50 mm.

Lenti a focale fissa e lenti zoom

La messa a fuoco

 

Diaframma e apertura

Otturatore e tempo

 

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Lezione 2 – Tecnica – Tecniche del diaframma e dell’otturatore

 

Otturatore e tempi lenti

Le Gray
Carleton Watkins

Riuscite a individuare una prova , una traccia del fatto che il tempo di esposizione è lento?

 

E-O-Beaman-
O sullivan

Fotografi contemporanei che hanno lavorato sul fattore tempo in fotografia

Hiroshi Sugimoto (1948 – ), Seascapes (1980s)

Ligurian Sea 1993 Hiroshi Sugimoto born 1948 Purchased 1994 http://www.tate.org.uk/art/work/P77625
Hiroshi Sugimoto (1948 – ). Theaters (1990s)

Hiroshi Sugimoto. In Praise of Shadow (1998)

 

Richard Misrach

Richard Misrach (b.1949). Stonehenge (1970s)
Night Photographs (1970s)

Richard Misrach. Graecism (1978–82)

Richard Misrach (b.1948). Hawaii (1970s)

Light painting

étienne jules marey (1889)
étienne jules marey

See Muybridge animal locomotion in History link.

Frank Gilbreth (1914)
Man Ray Space writing (1935)
Man Ray
Gjon Mili (1930s)

In 1949, while on assignment for Life Magazine, Gjon Mili was sent to photograph Pablo Picasso at his home in the South of France.

Triple exposure of artist Pablo Picasso drawing w. light at his home in Vallauris.

Brief history of light painting

Aperture & Depth of Field

Ansel Adams (1902 – 1984)

Ansel Adams, Moonrise, Hernandez, New Mexico (1941)

 

 



Stephen Shore

Robert Adams

Joe Deal

Henry Wessel

Frank Gohlke
Richard Misrach

Roger Minick

New Topographics: Photographs of a Man-Altered Landscape
George Eastman House, Rochester, New York, 1975.


August Sander (1876– 1964), People of the 20th Century.

In 2014 MOMA acquired 619 prints from August’s grandson Gerd Sander.

Lens Blog on Sander

 

Rineke Dijkstra

Joel Sternfeld

Alec Soth

Dana Lixenberg

 

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Lezione 3 – Tecnica – I movimenti dei piani. Decentramento verticale e orizzontale. Basculaggio. Regola di Scheimpflug

To control perspective and composition through rise, fall, side shift.

 

Rise:

Gabriele Basilico, Milano
Gabriele Basilico, Roma
Gabriele Basilico, Milano
Vincenzo Castella, Milan
Domingo Milella, Midas Tomb, Eskişehir, Turchia

Fall:

Vincenzo Castella, Ramallah
Vincenzo Castella, Milano
Vincenzo Castella, Milano
Vincenzo Castella, Milano
Vincenzo Castella, Jerusalem

Side shift

 

To control focus through tilt and swing. The Scheimpflug rule.

Vincenzo Castella, Ramallah
Vincenzo Castella, Athens
Domingo Milella, Cappadokia
Domingo Milella
Domingo Milella
Domingo Milella, Acitrezza
Domingo Milella, Cheops and Chephren
Domingo Milella
Domingo Milella
Domingo Milella, Castelmazzo
Olivo Barbieri
Olivo Barbieri

Selective focus

Vincenzo Castella, Zurich
Vincenzo Castella, Zurich
Olivo Barbieri
Olivo Barbieri, Las Vegas
Olivo Barbieri, Siena
Olivo Barbieri, Las Vegas
Olivo Barbieri, Roma

Tilt-shift lenses for reflex photography

Exposition

 

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Lezione 4 – Storia – La nascita del mezzo

Le origini

La nascita della fotografia non è da collegarsi all’idea fulminante di un inventore autonomo e isolato, ma è la risultante di una ricerca progressiva portata avanti da persone diverse (che spesso ignoravano le ricerche coeve che altri stavano conducendo nello stesso campo) nella prima metà dell”800, prevalentemente in Europa che era il continente più interessato dalle grandi trasformazioni tecnologiche a cavallo fra le due rivoluzioni industriali.

Questa corrispondenza temporale con le rivoluzioni industriali ovviamente non è casuale: la fotografia è da considerarsi come l’invenzione necessaria di un epoca, connaturale al Progresso (la “P” è maiuscola volutamente) e indispensabile per documentarlo.
E il legame a doppio filo con il concetto di Progresso del XIX secolo e con la meraviglia che suscitava la teconologa è evidente anche a livello formale nelle fotografie dell’epoca.

Ciò detto, l’invenzione dello strumento fotografico si basa su invenzioni e ricerche più antiche che possiamo far risalire alla teorizzazione della prospettiva lineare geometrica (Leon Battista Alberti, Filippo Brunelleschi, Donato Bramante) e agli espedienti della camera oscura.

Leon Battista Alberti, De pictura (1435):
“Qui solo, lassato l’altre cose, dirò quello fo io quando dipingo. Principio, dove io debbo dipingere scrivo uno quadrangolo di retti angoli quanto grande io voglio, el quale reputo essere una finestra aperta per donde io miri quello che quivi sarà dipinto.”

Albrecht Dürer (1525):

Jean Du Breuil:

Jean Du Breuil: una lastra di vetro (A) scorre nei binari (BC) e un mirino (F) vincola la vista ad un punto fisso. Il modo migliore è dipingere i contorni direttamente sul vetro che verrà in seguito inumidito per poi far aderire un foglio assorbente su cui si trasferirà la traccia di inchiostro presente sul vetro.

Peter Greenaway, The Draughtsman’s Contract, 1982

Martina Bagicalupo – Gulu Real Art Studio

Luigi Ghirri – soglia

Daniel Crooks – Phantom Ride

 

Giovanni Battista della Porta descrisse per la prima volta la camera obscura come strumento per aiutare i pittori nel loro lavoro nel 1553 (facendo tesoro di studi sulla luce di Aristotele e delle invenzioni dell’astronomo Ibn al-Haytham del XI sec.)

James Ayscough, 1755
Thomas Jeffreys, 1754
A “portable” camera obscura in Athanasius Kircher’s Ars Magna Lucis Et Umbrae (1645)

Abelardo Morrel, Camera obscura
https://www.abelardomorell.net/project/camera-obscura/

Kingsley Ng
https://www.youtube.com/watch?v=qjorePSaMTQ&ab_channel=ArtBasel

Zoe Leonard
https://whitney.org/exhibitions/2014-biennial/zoe-leonard

In seguito per facilitare il lavoro dei pittori la camera oscura divenne portatile. Con sistemi diversi  trasferiva su un piano l’immagine che poteva essere copiata dall’artista.

Ovviamente l’esigenza di facilitazione del lavoro dei pittori non aveva una finalità culturale: un nuovo e impellente bisogno di immagini stava nascendo nella società. Il progresso meraviglioso del 19° secolo aveva bisogno di immagini per meravigliare l’uomo nuovo.

I pittori e i disegnatori, per quanto facilitati da questi strumenti di riproduzione della realtà, non erano più sufficienti a colmare quella sete di immagini.

Fissare l’immagine della camera oscura

 

1727 – Johann Heinrich Schultze – Scotophorus

Nel riprodurre un antico esperimento alchemico (per produrre una sostanza luminescente che si faceva mischiando il gesso con l’acqua regia) si accorse che il composto diventava di un porpora scuro se esposto ai raggi del sole. Chiamò il composto Scotophorus (dal greco, portatore di ombra).

 

1802 – Thomas Wedgwood –

Figlio di un famoso ceramista inglese si serviva della camera oscura per realizzare disegni da dipingere sulle ceramiche. Studiato l’esperimento di Schultze, provò a sensibilizzare la carta o il cuoio con del nitrato d’argento e poi, prima di esporre la superficie sensibilizzata alla luce, vi poneva sopra degli oggetti o piatti o dei disegni su carta traslucida.
Non fu però in grado di trovare un modo per desensibilizzare le sostanze residue dopo l’esposizione per evitare che tutto il reso dell’immagine si oscurasse quando veniva guardata alla luce.

 

1827 – Joseph-Nicéphore Niepce – Eliografia

Inventore, aveva brevettato con suo fratello Claude un motore a combustione interna (lo chiamarono Pyrèolophpore) con cui riuscirono a far muovere un battello per risalire il fiume Saone.
Quando in Francia divennero famosi i primi procedimenti di stampa (incisione, acquaforte, litografia, xilografia), voleva progettare delle lastre di peltro (più leggero e maneggevole delle lastre usate di solito per la stampa) e aveva bisogno per i suoi esperimenti di molti disegni. Non essendo però dotato artisticamente cominciò a studiare un modo per impressionare l’immagine della camera oscura utilizzando le precedenti ricerche su sui composti di argento che si annerivano alla luce.
Scrive al fratello: “quello che avevi previsto è accaduto: il fondo del quadro è nero e gli oggetti sono bianchi, vale a dire più chiari del fondo”. La descrizione è quella del negativo.

Niepce però decide di concentrarsi, più che sulla inversione del negativo nella stampa, nel trovare un procedimento che schiarisse con la luce per produrre quindi un positivo diretto. Ci riesce utilizzando nel 1827 il bitume di Giudea, utilizzato dagli incisori dopo l’incisione della lastra per proteggere le parti non incise, in quanto si induriva con la luce e lasciava quindi scoperte e perciò intaccabili dall’acquaforte le parti che erano state coperte dal disegno.
Il figlio Isidore scriverà più tardi il procedimento:
“stese su una lastra di peltro ben pulita del bitume di Giudea. Su questa vernice collocò l’incisione da riprodurre, dopo averla resa traslucida, ed espose il tutto alla luce. Trascorso un certo tempo, più o meno lungo, a seconda dell’intensità della luce, immerse la lastra in un solvente che, a poco a poco, fece apparire l’immagine, fino ad allora invisibile. Dopo queste operazioni, per renderla adatta all’incisione, la immerse in acqua più o meno acidula.
Mio padre mandò la lastra all’incisore Lemaître, chiedendogli di contribuire con la sua abilità a incidere il disegno più profondamente. Monsieur Lemaître acconsentì con molta gentilezza alla richiesta di mio padre e tirò diverse prove del ritratto delCardinale d’Amboise…”

In sostanza, nel Ritratto del Cardinale d’Amboise il disegno scuro dell’incisione tratteneva la luce, che passava invece attraverso la carta bianca. In tal modo quasi tutto il bitume diGiudea, esposto alla luce, induriva e diventava insolubile, ma quello che si trovava immediatamente sotto le linee nere dell’incisione rimaneva solubile e poteva essere tolto con l’olio di lavanda. Il metallo messo così a nudo poteva essere parzialmente intaccato dall’acquaforte e trasformato in una lastra pronta per la stampa.

Stampa da incisione del ritratto del Cardinale D’Amboise. Nicéphore Niepce, 1826

A quel punto Niepce iniziò a provare ad impressionare con lo stesso procedimento l’immagine della camera oscura. Capì che il metallo lasciato scoperto dal bitume di Giudea poteva, invece che essere intaccato dall”acqua forte, essere annerito chimicamente posando capovolta la lastra su una scaola aperta contente iodio i cui vapori oscuravano la lastra nelle parti lasciate scoperte (quelle in ombra e quindi liberate con un lavaggio del bitume di giudea non indurito dalla luce).

L’unico esempio di questo primo procedimento che risulti ad oggi riuscito è una veduta dalla finestra della sua casa a “Le Gras”.

Veduta dalla finestra a Le Gras. Nicéphore Niepce, 1827

Pare che l’esposizione si sia protratta per quasi otto ore: in un tale lasso di tempo il sole, muovendosi da oriente a occidente, illuminò ambedue i lati delle costruzioni, distruggendo così il ‘modellato’ dell’immagine.

Di un’altra immagine su vetro, regalata a quanto pare  alla Società Francese di Fotografia nel 1890 da un membro della famiglia Niepce, rimane solo una s riproduzione nel Bulletin della stessa società. L Lastra di vetro scomparve misteriosamente dalla collezione della Société poco dopo la sua acquisizione.

Eliografia, Tavola Apparecchiata, Eliografia, 1827

Entusiasta di far conoscere la sua scoperta Niepce si reca a Londra  da suo fratello sostando però a Parigi dove voleva incontrare un pittore che stava facendo ricerche sullo stesso campo e da cui aveva ricevuto una lettera di invito. Il pittore era Louise-Jacques-Mandè Daguerre, che aveva saputo delle ricervhe di Niepce da Charles Chevalier l’ottico che costruiva le lenti delle camere oscure per entrambi.

1837 – Louise-Jacques-Mandè Daguerre – Dagherrotipo

Daguerre, pittore parigino specializzato nella realizzazione e nell’allestimento di scenografie teatrali (ne aveva realizzate anche per l’Opéra national de Paris), divenne famoso con il suo socio Bouton per il suo Diorama, un teatro realizzato appositamente per l’esposizione di grandi vedute (realizzate con la camera oscura) che sovrapposte su leggeri teli traslucidi, e grazie ad un sistema di illuminazione e retro illuminazione controllata, venivano fatte dissolvere l’una nell’altra con grande effetto scenico.

Nel 1829 Daguerre e Niepce firmarono un accordo societario permettere insieme i loro procedimenti (l’idea di Niepce e le risorse e le camere oscure perfette di Daguerre), ma Niepce morì solo dopo 4 anni dall’inizio della società.

Daguerre continuò da solo perfezionando e modificando il procedimento di Niepce in maniera personale. Su un numero del Journal des Artiste del 1835 un giornalista fece trapelare alcune notizie sul procedimento: “Daguerre ha trovato il modo di raccogliere, su una lastra preparata da lui, l’immagine prodotta dalla camera oscura … Essa lascia la sua impronta sulla lastra in chiaroscuro … Una successiva lavorazione lascia l’immagine conservata per un periodo indefinito … Le scienze fisiche forse non hanno mai visto una meraviglia come questa”.

Nel 1837 Daguerre riuscì a realizzare un prima fotografia con un procedimento che variava non di poco quello di Niepce.

Louis-Jacques-Mandé Daguerre, Natura Morta 1837. Dagherrotipo

Il dagherrotipo si ottiene utilizzando una lastra di rame (le più comuni erano grandi 16×21 cm) su cui è stata applicata una foglia d’argento, lucidata e capovolta su una scatola contenente iodio, i cui vapori reagendo con l’argento formano sulla superficie ioduro d’argento fotosensibile.
La lastra deve, quindi, essere esposta entro un’ora e per un periodo variabile tra i 10 e i 15 minuti (è dunque molto più sensibile delle lastre di peltro al bitume di Giudea del procedimento di Niepce).
Lo sviluppo avviene mediante vapori di mercurio a circa 60 °C (di nuovo mettendola capovolta su una scatola che lo contiene), che rendono biancastre le zone precedentemente esposte alla luce.
Il fissaggio conclusivo si ottiene con una forte soluzione di sale da cucina, che elimina gli ultimi residui di ioduro d’argento e rende così la lastra relativamente insensibile alle ulteriori esposizioni alla luce.


Nello stesso anno Daguerre firmò con Isidore Niepce (il figlio di Nicephore) un nuovo contratto in cui si specificava che il nuovo procedimento avrebbe portato il solo nome di Daguerre ma che sarebbe stato pubblicato insieme al procedimento di Niepce in modo da salvare il nome di suo padre. Il contratto specificava anche che la tecnica sarebbe stata messa in vendita con istruzioni tecniche dettagliate  con 400 sottoscrizioni a 1000 franchi l’una.

La vendita fu però bloccata  da Francois Arago, scienziato, direttore dell’Osservatorio di Parigi, segretario a vita dell’Accademia delle Scienze, e membro della Camera dei Deputati, che propose a Daguerre di cedere i due procedimenti allo Stato Francese in cambio di un vitalizio.
La Literary Gazette del 19 gennaio 1839 pubblicò alcuni estratti della relazione di Arago all’Accademia:

“In the camera obscura, the image is perfectly defined when the lens is achromatic;
the same precision is seen in the images obtained by M. Daguerre, which represent all objects with a degree of perfection which no designer, however skilful, can equal, and finished, in all the details,
in a manner that exceeds belief. It is the light which forms the image, on a plate covered
with a particular coating. Now, how long a time does the light require to execute this
operation? In our climate, and in ordinary weather, eight or ten minutes; but, under a pure
sky, like that of Egypt, two, perhaps one minute, might suffice to execute the most
complex design.”
Considering the great utility of the discovery to the public, and the extreme simplicity
of the processes, which is such that any person may practise it, M. Arago is of opinion,
that it would be impossible, by means of a patent or otherwise, to secure to the inventor
the advantages which he ought to derive from it; and thinks that the best way would be
for the government to purchase the secret, and make it public. [..]

But who will say that it is not the work of some able draughtsman?
Who will assure us that they are not drawings in bistre or sepia?
M. Daguerre answers by putting an eyeglass into our hand. Then we perceive the smallest
folds of a piece of drapery; the lines of a landscape invisible to the naked eye. With the
aid of a spying-glass, we bring the distances near. In the mass of buildings, of
accessories, of imperceptible traits, which compose a view of Paris taken from the Pont
des Arts, we distinguish the smallest details; we count the paving-stones; we see the
humidity caused by the rain; we read the inscription on a shop sign. The effect becomes
more astonishing if you employ the microscope. An insect of the size of a pea, the garden
spider, enormously magnified by a solar microscope, is reflected in the same dimensions
by the marvellous mirror, and with the most minute accuracy. It is manifest how useful
M. Daguerre’s discovery will be in the study of natural history.”

I dagherrotipi più celebri realizzati da Daguerre sono due Vedute del Boulevard du Temple a Parigi, prese nello stesso giorno (1838).

Samuel Morse in visita a Parigi al tempo dell’annuncio dell’Accademia di Francia incontrò Daguerre presso il teatro Diorama per mostrargli il suo telegrafo elettromagnetico e vedere di persona i dagherrotipi. Sconvolto dalla scoperta scrisse a suo fratello, direttore dell’Observer, che pubblicò la sua lettera:

“[…] The day before yesterday, the 7th, I called M. Daguerre, at his rooms in the Diorama,
to see these admirable results. They are produced on a metallic surface, the principal pieces
about 7 inches by 5, and they resemble aquatint engravings; for they are in simple
chiaro scuro, and not in colours. But the exquisite minuteness of the delineation
cannot be conceived. No painting or engraving ever approached it. For example: in
a view up the street, a distant sign would be perceived, and the eye could just
discern that there were lines of letters upon it, but so minute as not to be read with
the naked eye. By the assistance of a powerful lens, which magnified fifty times,
applied to the delineation, every letter was clearly and distinctly legible, and so
also pavements of the street. The effects of the lens upon the picture was in a
great degree like that of the telescope in nature. Objects moving are not
impressed. The Boulevard, so constantly filled with a moving throng of pedestrians
and carriages was perfectly solitary, except an individual who was having his boots
brushed. His feet were compelled, of corse, to be stationary for some time, one
being on the box of the boot black, and the other on the round. Consequently his
boots and legs were well defined, but he is without body or head, because these
were in motion.” (The Observer, New York, April 20, 1839)

Con la fama di Daguerre altri scienziati, che negli stessi anni avevano condotto studi analoghi, si fecero avanti per difendere l proprie ricerche.

 

1835? – William Henry Fox Talbot – Shadowgrafia o disegno fotogenico

Scienziato, matematico, botanico e filologo, laureato a Cambridge e fellow della Royal Society, aveva inventato già dal 1833 (a sua detta) un procedimento per fissare sulla carta le immagini impresse col sole.

Imbeveva la carta in una soluzione di sale da cucina e poi in una soluzione forte di nitrato d’argento facendo così formare nella carta cloruro d’argento, sensibile alla luce e non solubile in acqua. Sulla carta così preparata metteva a contato un oggetto di solido con parti traslucide, come una foglia, un pizzo o una piuma, ed esponeva al sole.

William henry Fox Talbot, Esemplare botanico, 1839. Disegno fotogenico

Talbot andò oltre descrivendo già nel 1835 come derivare da questa immagine positiva un’immagine negativa: “se la carta è trasparente, il primo disegno può servire come oggetto, per produrre un secondo disegno, nel quale la luce e le ombre appariranno rovesciate” (quindi giuste, positive).
Talbot ripetè gli esperimenti con delle piccole camere oscure e, per fissare il negativo, immergeva la carta, dopo l’esposizione, in una forte soluzione di sale da cucina, anche se questo fissaggio si rivelava parziale e l’immagine finiva per annerirsi completamente man mano che veniva esposta alla luce.

Talbot sospese gli esperimenti pensando di riprenderli in futuro fino all’annuncio della scoperta di Daguerre. Si affrettò così a presentare una relazione della sua ricerca alla Royal Society e il 29 gennaio 1839 scrisse 3 lettere identiche ad Arago, Biot e Humboldt (fra i maggiori promotori del lavoro di Daguerre) annunciando che avrebbe rivendicato la paternità del procedimento per “fissare le immagini della camera oscura e per garantire la successiva conservazione in modo che potessero sopportare la piena luce solare.”

 

1819? – John Herschel – fissaggio all’iposolfito

Lo scienziato scrive il 29 gennaio 1839 (lo stesso giorno delle lettere di Talbot):
“Tentati esperimenti negli ultimi giorni, dopo essere venuto a conoscenza del segreto di Daguerre e aver saputo che anche Fox Talbot ha ottenuto qualcoa di simile. Tre requisiti: 1) carta molto sensibile; 2) camera oscura perfetta; 3) mezzi per bloccare l’azione successiva.”

È su quest’ultimo punto che rivendica maggiormente la precedenza delle sue ricerche. Già nel 1819 aveva usato l’iposolfito di sodio per fissare le sue fotografie (essendo anche un filologo dilettante aveva per primo battezzato il procedimento “fotografia”).

Il primo febbraio Talbot incontrò Herschel che gli spiegò la sua tecnica di fissaggio. Talbot con il consenso di Herschel scrisse il procedimento in una lettere all’Accademia delle Scienze francesce che lo pubblicò sui suoi rendiconti periodici. Daguerre adottò immediatamente il procedimento di Harschel per il fissaggio.

 

1839 – Hippolyte Bayard – positivo diretto su carta

funzionario del ministero delle Finanze francese, espose il 14 luglio 1839 trenta fotografie ottenuto con un metodo personale: un foglio di carta al cloruro d’argento veniva annerito completamente tenendolo alla luce. Poi veniva immerso in una soluzione di ioduro di potassio ed esposto nella camera oscura.La luce faceva allora ri-scolorire la carta in base alla propria intensità facendo così ottenere i primi positivi diretti su carta.

Nello scalpore dell’invenzione del dagherrotipo, Bayard condensò la sua frustrazione in una fotografia del 1840 in cui si auto-ritrasse seminudo, fingendosi morto. Sul retro scrisse:

“The corpse which you see here is that of M. Bayard, inventor of the process that has just been shown to you, or the wonderful results of which you will soon see. As far as I know, this inventive and indefatigable experimenter has been occupied for about three years with the perfection of his discovery. The Academy, the King, and all those who have seen his pictures admired them as you do at this very moment, although he himself considers them still imperfect. This has brought him much honor but not a single sou. The government, which has supported M. Daguerre more than is necessary, declared itself unable to do anything for M. Bayard, and the unhappy man threw himself into the water in despair. Oh, human fickleness! For a long time, artists, scientists, and the press took interest in him, but now that he has been lying in the morgue for days, no-one has recognized him or claimed him! Ladies and gentlemen, let’s talk of something else so that your sense of smell is not upset, for as you have probably noticed, the face and hands have already started to decompose.”

Firmato “H.B. 18 ottobre, 1840.”

Fu il primo falso fotografico, la prima operazione concettuale con la fotografia, fra i primi esempi di storytelling visuale, rivelò che la fotografia poteva mentire.

 

1839 – Statalizzazione dell’invenzione della fotografia

In tale clima di corsa alla paternità dell’invenzione (si aggiunsero alla lista Hercule Florence, una francese residente in Brasile, Hans Thoger Winther, avvocato novegese, e altri) Arago affrettò il processo per “statalizzare” l’invenzione anche con il supporto dell’allora ministro dell’Interno Duchatel che non mancò, in sede di discussione in parlamento, di evidenziare gli effetti benefici che la fotografia poteva avere sulla sicurezza dei cittadini, grazie alla precisione che assicurava nel riconoscimento dei criminali (vedi Ando Gilardi, Wanted! Storia, tecnica ed estetica della fotografia criminale, segnaletica e giudiziaria, MOndadori 1993).

Il 7 luglio 6 dagherrotipi vengono esposti in parlamento.

Il 9 luglio la Camera dei Deputati, dopo un discorso di Arago e degli altri supporters di Daguerre, approvò un progetto di legge di statalizzazione e pubblicazione del procedimento fotografico con 237 voti favorevoli contro 3.

Il 2 agosto Daguerre fece una dimostrazione alla Camera dei Pari che votò favorevolemente (92 contro 4).

Il 7 agosto Il re firmò, rendendola efficace, la legge di acquisizione da parte dello stato e di approvazione del vitalizio a Daguerre e a Isidore Niepce.

Per documentare tutti gli aspetti del procedimento e tutte le questioni legali riguardo l’invenzione Daguerre fece pubblicare, dall’editore Lerebours (che incontreremo più tardi), un opuscolo di 79 pagine intitolato Historique et description des procédés du daguerréotype et du Diorama contente oltre alla descrizione del procedimento corredata da tavole techiniche e immagini, la relazione di Arago alla Camera, la descrizione del procedimento di Niepce, i testi degli accordi e delle loro variazioni fra Daguerre e Niepce.
Il libretto è visionabile qui: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k56753837/f76.item

Inoltre Daguerre si accordò con il cognato Alphonse Giroux per provvedere alla fabbricazione di camere oscure per il consumatore, provviste di lenti Chevalier (l’ottico che aveva fabbricato le lenti di Niepce e di Daguerre per le loro camere oscure personali). Un etichetta sul lato recitava: “Il Dagherrotipo. Nessun apparecchio è garantito se non porta la firma del Sig. Daguerre e il marchio di M.Giroux.”

Il 19 agosto il procedimento viene reso pubblico con una ulteriore seduta in parlamento. Ne parla Marc Anotine Gaudin, chimico francese coevo: “The Palace…was stormed by a swarm of the curious at the memorable sitting on 19 August, 1839, where the process was at long last divulged.
Although I came two hours beforehand, like many others I was barred from the hall (and) was…with the crowd for everything that happened outside.
At one moment an excited man comes out; he is surrounded, he is questioned, and he answers with a know-it-all air, that bitumen of Judea and lavender oil is the secret. Questions are multiplied but as he knows nothing more, we are reduced to talking about bitumen of Judea and lavender oil.
Soon a crowd surrounds a newcomer, more startled than the last. He tells us with no further comment that it is iodine and mercury…
Finally, the sitting is over, the secret divulged…
A few days later, opticians’ shops were crowded with amateurs panting for daguerreotype apparatus, and everywhere cameras were trained on buildings. Everyone wanted to record the view from his window, and he was lucky who at first trial formed a silhouette of roof tops against the sky. He went into ecstasies over chimneys, counted over and over roof tiles and chimney bricks – in a word, the technique was so new that even the poorest plate gave him unspeakable joy…..”

 

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Lezione 5 – Storia – I primi utilizzi

La meraviglia di vedere il paesaggio nelle immagini

Il primo soggetto preso di mira dai fotografi fu il paesaggio, sia per il limite tecnico dei lunghi tempi di posa, sia per la meraviglia del progresso tecnologico che l’osservatore di un immagine provava agli albori della sua invenzione. L’intenzione pura di creare un’immagine ottica era sufficiente a giustificarla e ne motivava la fruizione. Il solo guardare era di per sè sorprendente.

Già pochi giorni dopo la divulgazione dell’invenzione il 19 agosto, la rivista Le Lithographe pubblicò una litografia tratta da un dagherrotipo (questo fu per alcuni anni il processo standard di replica delle immagini ottenute con dagherrotipo, al di là dell’unico originale positivo).

Fra il 1840 e il 1844 l’editore Lerebours pubblicò una serie di vedute topografiche  chiamata Excursions Daguerriennes, 114 viste da Europa, Medio Oriente e America, arricchite con l’aggiunta di figure umane disegnate per sopperire alla sensazione di abbandono che si percepiva dall’assenza di persone.

 

 

La meraviglia (e il prestigio) di vedere se stessi nelle immagini

L’altra applicazione primaria dell’invenzione era il ritratto. La borghesia nascente era il target perfetto per la nuova industria fotografica. Votata alla modernità, identificava il progresso della società e della propria posizione nella stessa con il progresso tecnologico rappresentato dalla fotografia. Se vuoi partecipare della modernità, se vuoi essere “moderno”, devi avere le fotografie. Devi avere immagini di paesaggi lontani (per partecipare della scoperta del mondo) e devi avere un ritratto.
Questa modernità per il borghese significava anche l’annullamento del divario con un mondo vecchio, quello dell’aristocrazia, divario che la borghesia voleva abbattere anche materialmente accedendo a pratiche e immaginari che prima erano appunto prerogativa dell’aristocrazia.

La fotografia del paesaggio, le immagini di posti lontani, avvicinavano il borghese al nobile aristocratico intellettuale che già da un secolo visitava il mondo per apprendere arte, usi, costumi (si identifica la fine del periodo del grand-tour di solito con la nascita delle ferrovie intorno al 1840, stesso periodo di quello di cui parliamo).

Il ritratto fotografico permetteva al borghese di avere in casa una immagine del sè, esattamente come i nobili aristocratici avevano fatto per secoli attraverso la costosa e lenta mano del pittore.
Certo, nei primi anni 40 del XIX secolo la tecnologia fotografica (sensibilità dei materiali, velocità degli otturatori) non permetteva di avere risultati scontati ed anzi il ritratto su dagherrotipo fu per lungo tempo descritto come un supplizio per il soggetto.
Il giornale satirico “Le Charivari” del 30 agosto 1839 scriveva:
“Volete fare un ritratto a vostra moglie? Fissatele temporanemaetne la testa in un collare di ferro per ottenere l’immobilità indispensabile…”

La realtà non era così lontana:

 

Samuel Morse, l’inventore americano  aveva subito importato il dagherrotipo a New York per cercare di sfruttarlo economicamente realizzando ritratti, ma per lungo tempo non riusciva a ridurre al di sotto di 10/20 minuti al sole pieno le prese, rendendo difficoltosa l’esecuzione. Sempre a New York era attivo john William Draper  e Robert Cornelius aprì uno studio a Philadelphia nel 1840 .

Nello stesso anno Voigtlander mise in commercio un obbiettivo “luminosissimo” (oggi equivarrebbe a un f 3.6) e si aumentò la sensibilità delle lastre attraverso una procedura chiamata quick stuff che consisteva in pratica nel fare diversi bagni sensibilizzanti successivi alla stessa lastra alternando allo iodio, il bromo e il cloro, in modo che le successive sensibilizzazioni non compromettessero chimicamente le precedenti. I tempi di posa si ridussero prima ai 4 minuti e poi ai 25 secondi alla fine del 1841. In seguito a questi miglioramenti tecnici, studi di dagherrotipia nacquero velocemente in tutto il mondo.

Gli americani aggiunsero l’automazione e la produzione di massa: dei commentatori dell’epoca raccontano che nello studio di John Adams Whipple a Boston, una macchina a vapore azionava i lucidatori delle lastre di rame, riscaldava il mercurio, faceva vento ai clienti in attesa e faceva girare all’esterno un insegna a forma di sole d’oro.
E gli americani si aggiudicarono 3 delle 5 medaglie messe in palio per i dagherrotipi alla Grande Esposizione delle Opere dell’Industria tenutasi a Londra al Crystal Palace nel 1851.

 

John Edwin Mayall
The Crystal Palace at Hyde Park, London, American, 1851

Nuovi linguaggi cominciano a svilupparsi anche sulla rappresentazione del paesaggio:

Charles Fontayne and William Porter
Cincinnati waterfront (1848)

8 lastre di 21,5 x 16,5 cm

 

William Shew San Francisco, California harbor from Rincon Point, circa 1852. These ships were abandoned by sailors for the gold rush, and are in various stages of decay.

 

Ed Ruscha, Every Building on the Sunset Strip, 1966

https://www.openculture.com/2020/10/take-a-digital-drive-along-ed-ruschas-sunset-boulevard.html

https://12sunsets.getty.edu/map/1965?mode=normal&d=0.59472

 

George N. Barnard, Fire in the Ames Mills, Oswego, NY (1853)

 

La tecnica del dagherrotipo stava però velocemente cedendo il passo a nuove tecniche che avevano meno complicanze tecniche, procedimenti più veloci e economici e che permettevano di realizzare più facilmente copie dell’originale. Il positivo diretto lasciava il posto al negativo.
Nel 1856 all’esposizione annuale della photographic Society di Londra furono esposte 606 immagini e di queste solo 3 erano dagherrotipi.

Solo due anni prima, nel 1954 lo Stato del Massachussets dichiarò ufficialmente che  che nel solo territorio di competenza erano stati fatti in un anno 403.626 dagherrotipi. Qui il dagherrotipo fu un po’ più longevo ma nel 1864 la professione di dagherrotipista non apparve più nell’elenco telefonico di San Francisco.


Il Calotipo

1841 – William Henry Fox Talbot – Calotipo, sviluppo del negativo, immagine latente

Nel 1841 Talbot perfeziona il disegno fotogenico e gli da il nome di calotipo (dal greco kalòs, bello).
Prima Talbot teneva la carta sensibilizzata (con sale e nitrato d’argento nella ricetta originaria) esposta alla luce finchè non vedeva comparire l’immagine. Ora si accorse che un ulteriore bagno dopo l’esposizione rendeva l’azione della luce molto più visibile e efficace. Era il principio dello sviluppo dell’immagine latente.

Immergeva un foglio di carta traslucido in una soluzione di nitrato d’argento e in una di ioduro di potassio. Lo ioduro d’argento veniva poi ulteriormente sensibilizzato con una soluzione di acido gallico e nitrato d’argento. Poi esponeva il foglio nella camera oscura. Dopo l’esposizione immergeva la carta di nuovo nella stessa soluzione che agiva da rivelatore.
Poi fissava il negativo col bromuro di potassio o con una soluzione calda di iposolfito.

Produsse un sacco di vedute in Europa e in Inghilterra e da lì mandava i negativi alla sua tenuta di Lacock Abbey dove sua moglie e il suo assistente Nicholas Henneman stampavano con una carta sensibilizzata con il primo procedimento di Talbot. Nel 1843 Talbot aprì un laboratorio di stampa a Reading, il Talbotype Establishment. La velocità di stampa del nuovo procedimento era tale che Tablot potè produrre migliaia di copie per illustrare la sua opera “The Pencil of Nature” contenente 24 calotipi e annotazioni sugli stessi:

http://www.gutenberg.org/files/33447/33447-pdf.pdf

https://talbot.bodleian.ox.ac.uk/about-the-project-2/

I primi a ottenere successo artistico con il calotipo furono David Octavius Hill e Robert Adamson che produssero bellissime messe in scena con una delicatezza che ben si associava alla morbidezza del negativo di carta.

https://www.moma.org/artists/2648?=undefined&page=&direction=

https://gsaarchives.net/collections/index.php/ha-4-1b

http://www.getty.edu/art/collection/artists/1261/hill-adamson-scottish-active-1843-1848/

Gustave Le Gray incerò la carta prima di immergerla nelle soluzioni sensibilizzanti.

Gustave Le Gray (French, 1820–1884)
The French and English Fleets, Cherbourg, August 1858
Albumen silver print from glass negative; Mount: 21 in. × 26 3/4 in. (53.3 × 68 cm) Image: 11 13/16 in. × 16 in. (30 × 40.7 cm)
The Metropolitan Museum of Art, New York, Bequest of Maurice B. Sendak, 2013 (2013.159.37)
http://www.metmuseum.org/Collections/search-the-collections/306320

https://www.metmuseum.org/art/collection/search#!?q=Gustave%20Le%20Gray&perPage=20&sortBy=Relevance&offset=0&pageSize=0

Louis Blanquart-Evrard nel 1850 progetto una carta di stampa che riduceva i tempi di stampa di una copia a 6 – 15 secondi. Ricopriva la carta con del bianco d’uovo nel quale erano disciolti bromuro di potassio e acido acetico. Una volta asciutta veniva agitata in una soluzione di nitrato d’argento e ri-asciugata. Il foglio così preparato veniva sovrapposto al negativo ed esposto al sole. La sua Imprimeriè Photographique di Lille di produrre alte tirature di “Album photographique”.

Il suo capolavoro fu Egypte, Nubie, Palestine, et Syrie contenente 122 foto di Maxime Du Camp un letterato che aveva viaggiato in Medio Oriente fra il 1849 e il 1852, insieme a Gustave Flaubert.

Scrive Du Camp:
“Mi ero reso conto nei miei viaggi recedenti che perdevo molto tempo prezioso tentando di disegnare edifici e panorami che non volevo dimenticare.[…] Sentivo che avevo bisogno di uno strumento di precisione per registrare le mie impressioni se poi volevo riprodurle accuratamente.”

https://www.metmuseum.org/art/collection/search#!?q=Maxime%20Du%20Camp&perPage=20&sortBy=Relevance&offset=0&pageSize=0

Blanquart-Evrard pubblicò anche i calotipi fatti lungo il Nilo da John B. Greene (°°°), Henri Le Secq in Francia (°°°), Charles Negre (°°°).
Quest’ultimo fotografò l’amico Le Secq sul terrazzo di Notre Dame nel 1851:

Il sistema classico di stampa era dunque a contatto anche se proprio in questo periodo compaiono le prime macchine solari per ingrandimenti:


“Jupiter” enlarger on the roof of Van Stavoren Studio, Nashville, Tennessee, 1866

1851 – Frederick Scott Archer – Collodio

Frederick Scott Archer usava collodio e ioduro di potassio e con la soluzione impregnava una lastra di vetro. Poi la immergeva al buio in una soluzione di nitrato d’argento e nel collodio si formava quindi lo ioduro d’argento sensibile alla luce.
La lastra andava esposta ancora umida e sviluppata nell’acido pirogallico e fissata prima che il collodio si indurisse (rendendo stabili i negativi realizzati).

Per questo i fotografi dovevano portarsi dietro il laboratorio:

1851 Mission Héliographique

In 1851, the Commission des Monuments Historiques, an agency of the French government, selected five photographers to make photographic surveys of the nation’s architectural patrimony. These Missions Héliographiques, as they were called, were intended to aid the Paris-based commission in determining the nature and urgency of the preservation and restoration of work required at historic sites throughout France.

The selected photographers—Édouard Baldus , Hippolyte Bayard, Gustave Le Gray , Henri Le Secq, and Auguste Mestral—were all members of the fledgling Société Héliographique, the first photographic society. Each was assigned a travel itinerary and detailed list of monuments. Baldus was sent south and east to photograph the Palace of Fontainebleau , the medieval churches of Lyon and other towns in the Rhône valley, and the Roman monuments of Provence, including the Pont du Gard, the triumphal arch at Orange, the Maison Carrée in Nîmes, and the amphitheater at Arles.

Gustave Le Gray, already recognized as a leading figure on both the technical and artistic fronts of French photography, was sent southwest, to the famed châteaux of the Loire Valley—Blois, Chambord, Amboise, and Chenonceaux, among others—to the small towns and Romanesque churches along the pilgrimage routes to Santiago de Compostela, and through the Dordogne. Le Gray traveled with Mestral and photographed sites on his old friend and protégé’s list, including the fortified town of Carcassonne (not yet “restored” by Viollet-le-Duc), Albi, Perpignan, Le Puy, Clermont-Ferrand, and other sites in south-central and central France. On occasion, the two worked hand-in-hand, for a few photographs are signed by both photographers.

Henri Le Secq was sent north and east to the great Gothic cathedrals of Reims, Laon, Troyes, and Strasbourg, among others. And Hippolyte Bayard, the only one of the five to have worked with glass—rather than paper—negatives (and thus, the only one whose negatives no longer survive), was sent west to towns in Brittany and Normandy, including Caen, Bayeux, and Rouen.

https://www.metmuseum.org/toah/hd/heli/hd_heli.htm

Google images Missions Héliographiques

Ministère de la Culture

La Carte de visite

Nel 1854 un fotografo francese di nome Disderi introduce un metodo che verrà chiamato Carte-de.visite per la somiglianza con i biglietti da visita dell’epoca.
Aveva inventato un apparecchio con 4 obiettivi e un porta-lastre scorrevole. Riusciva così a fare sulla stessa lastra 8 esposizioni, e le relative stampe a contatto che venivano poi ritagliate e incollate su cartoncino per ottenere delle piccole fotografie di 10×6 cm (appunto come delle business card).

 

Nadar

https://publicdomainreview.org/collection/photographs-of-the-famous-by-felix-nadar

Artista attivo nella società bohemienne nella Parigi del 1850. Amico di artisti, scrittori, letterati.

CHT163699 Charles Baudelaire (1821-67) seated in a Louis XIII armchair, 1855 (b/w photo) by Nadar, (Gaspard Felix Tournachon) (1820-1910); black and white photograph; Private Collection; Archives Charmet; French, out of copyright

 

Le Geant

Catacombes artificial light

Collaborations
Mecanisme de La Physionomie Humaine: Ou, Analyse Electro-Physiologique de L’Expression Des Passions

 

 


 

La fotografia artistica

Man mano che si sviluppavano le tecniche di stampa si intervenì sempre più pesantemente sul negativo: “fotografia artistica”.

Oscar-G-Rejlander-_-Le-due-strade-della-vita-_-1857

Circa 30 negativi, stampa finale 78x40cm. Comprata dalla regina Vittoria.

Rejlander.   The expression of the emotions in man and animals, by Charles Darwin

Henry Peach Robinson

Fading-away-by-Henry-Peach-Robinson-1858

5 negativi.

Henry Peach Robinson, Letizia Pastorale 1887

David Lachapelle

Gregory Crewdson

Jeff Wall

Cindy Sherman

Thomas Demand

Julia-Margaret-Cameron-_-The-Rosebud-Garden-of-Girls-_-1868
Lewis Carrol _ Alice Liddell_1858

https://www.metmuseum.org/art/collection/search/283092

William-Powell-Frith-Derby-Day

Baudelaire:
…] che i progressi distortamente applicati alla fotografia abbiano contribuito non poco, […] all’impoverimento del genio artistico francese. La poesia ed il progresso sono due esseri ambiziosi che si odiano e, dato che si incontrano sulla stessa strada, bisogna che l’uno si sottometta all’altro. Se si consente che la fotografia supplisca l’arte in alcuna delle sue funzioni, in breve sarà soppiantata o corrotta, in virtù dell’alleanza trovata nell’idiozia della massa. La fotografia dovrebbe tornare al suo vero compito, quello di ancella delle scienze e delle arti, piena di umiltà. Che la fotografia arricchisca l’album del viaggiatore e restituisca ai suoi occhi la precisione che può far difetto alla sua memoria, che adorni la biblioteca naturalista, ingrandisca gli animali microscopici, rafforzando con altre notizie le ipotesi dell’astronomo; che essa sia infine il segretario, il taccuino di chiunque abbia bisogno di materiale esatto, che salvi le rovine cadenti, i libri, le stampe ed i manoscritti che il tempo divora, tutto questo non dà luogo a discussione, ma merita bensì gratitudine e lode. Ma se alla fotografia si concede di sconfinare nella sfera dell’impalpabile e dell’immaginario, soltanto perché l’uomo vi infonde qualcosa della propria anima, allora siamo perduti! (1859 – Lettera al direttore della Revue Francaise, colpevole di aver pubvblicato alcune fotografie equiparandole all’arte.

Lettera di Rejlander a Henry Peach Robinson:
I am tired of photography-for-the-public, particularly composite photos, for there can be no gain and there is no honor, only cavil and misrepresentation. The next exhibition must only contain ivy’d ruins and landscapes for ever — besides portraits.”

Era il principio dei movimenti pittorialisti in fotografia, che si alternarono (e si alternano tutt’ora) ad approcci più documentari che prediligevano, del linguaggio fotografico, la possibilità di essere fedele rappresentazione del reale.


 

War

Il primo reportage di guerra porta la firma di Roger Fenton. Fra i fondatori della Photographic Society di Londra, fu incaricato dalla regina Vittoria di fotografare la famiglia e la casa reale e divenne poi fotografo ufficiale del British Museum.

Fu incaricato dai mercanti di stampe Thomas Agnew & Sons di fotografare la Guerra in Crimea.
Poichè usava il Collodio umido Fenton attrezzò un carro fotografico con 700 lastre di vetro e il resto del materiale fotografico.

Roger Fenton con il suo carro fotografico, 1855
Roger Fenton, Balaclava looking seawards, the Commandant’s house in the foreground, 1855
Roger Fenton, the Valley of the Shadow of Death, 1855
Roger Fenton, Lieutenant General Sir George Brown G.C.B. & officers of his staff Major Hallewell, Colonel Brownrigg, orderly, Colonel Airey, Captain Pearson, Captain Markham, Captain Ponsonby
James-Robertson-Balaklava-1855
James Robertson Street in Sevastopol 1855

James Robertson riprese la caduta di Sebastopoli e fu poi inviato embedded con l’esercito della regina in India per fotografare le operazioni militari per domare le rivolte del Bengal. Lì gli fa da assistente suo cognato Felice Beato e insieme fotograferanno l’assedio di Lucknow e la Seconda Guerra dell’Oppio.

Felice Beato Taku Fort 1860
felice beato pehtang fort 1860

Dopo la guerra Beato proseguì il suo viaggio in Cina e in Giappone dove documentò la vita rurale e i costumi di quelle popolazioni.

Un operazione simile fu effettuata più tardi (al volgere del 1900) da Edward Curtis con i nativi americani. Entrambe le iconografie condizionarono massicciamente la produzione letteraria e cinematografica sull’estremo oriente e sul far west fino ai giorni nostri.

Nel 1861 scoppio la guerra civile americana.
Brady (il dagherrotipista) organizzò un gruppo di fotografi per partire nell’impresa di fotografare la guerra. Nella sua squadra c’erano, fra gli altri, Alexander Gardner e Timothy O’Sullivan.

Brady dopo la battaglia di Bull Run nel 1861

Alexander gardner Scouts and guides to the army of Potomac
Alexander Gardner Home of a Rebel Sharpshooter 1865
One of Ewell’s confederate Corps as he lay on the field after the battle of the May 19 1864
Timothy O’Sullivan, A Harvest of Death 1863

 

Esplorazioni e progresso

Molti fotografi della guerra civile si unirono poi ai genieri dell’esercito mpegnati in spedizioni paramilitari che poi diventarono geographical surveys ufficilai effettuate per il governo degli stati uniti.

Alexander Gardner seguì la costruzione della Union Pacific Railroad per proseguire lungo un tracciato a sud-ovest in Colorado, New Mexico e Arizona fio alla Sierra Nevada.

Alexander Gardner, Trestle Bridge near Fort Harker, 216 miles west of Missouri river

 

Andrew Joseph Russell, East And West Shaking Hands, Promontory Point (Utah), 1869

La ferrovia e la fotografia incarnavano lo stesso mito del progresso ottocentesco e ne erano il simbolo. Lavorare alla costruzione della ferrovia e mettersi in posa per il fotografo sono due modi per sentirsi parte di quel Progresso umano.

Esplorazione

E O Beaman, The Heart of Lodore, Green River, Colorado. Spedizione nel Gran Canyon del generale John Wesley Powell (1871)
Timothy H. O’Sullivan, Desert Sand Hills near Sink of Carson, Nevada, 1867.
Spedizione di Clarence King al 40° parallelo.
Timothy H. O’Sullivan,
Spedizione di Clarence King al 40° parallelo.
Thimothy O’Sullivan, Cañon de Chelle. Walls of the Grand Cañon about 1200 Feet in Height 1873
Timothy O’Sullivan, Pramyd Lake, Nevada, Clarence King Expeditions at the 40° parallel
O’Sullivan, Black Cañon, Colorado River, from Camp 8, Looking Above, 1871.
Spedizione di George Wheeler a ovest del 100° meridiano
Timothy O’Sullivasn, Ancient Ruins in the Cañon de Chelle, N.M. In a niche 50 feet above present Cañon bed.
Geoplogical and geographical survey in Arizona 1873
William Henry Jackson,
the beehive group of geysers, Yellowstone Park, 1872 Hayden Geological and Geographical expedition
William Henry Jackson
Summit of Yupiter Terraces, 1871.
Hayden Geological and Geographical expedition
William Henry Jackson
Rocky Mountains
William Henry Jackson,
assistants
Carleton Watkins,
El Capitan, Yosemite, 1865
Carleton Watkins Streamandtrees,
Yosemite, 1865
Carleton_Watkins,_Yosemite_Valley,_California,_ca._1865

 

Il movimento

I primi a sperimentare otturatori veloci furono George Washington Wilson e Edward Anthony.

Oliver Wendell Holmes, uno scienziato che compiva studi sul movimento umano scriveva sull’Atlantic Monthly che  i movimenti delle persone colte in quelle immagini erano diversi da come erano convenzionalmente rappresentati in pittura fino ad allora.
Fece disegnare a un illustratore  quelle figure.


Felix O.C. Darley per l’articolo di Oliver Wendell Holmes.

Una decina di anni più tardi fu Edward Muybridge a rivoluzionare il campo di studi con le sue fotografie.
Lelan Stanford, un ricco ex governatore della california voleva mostrare ai suoi amici lontani il suo milgior trottatore Occident. Un amico gli suggerì di rivolgersi a Muybridge, conosciuto allora per le sue vedute della Yosemite Valley. Nel 1869 inventò uno dei primi otturatori.

Un giornalista della rivista “Alta” di San francisco scriveva:
“Si raccolsero tutte le lenzuola che si poterono trovare nelle vicinanze della stalla per creare un fondo bianco all’oggetto; quindi Occident si abituò a passare sopra il tappeto bianco senza paura. Si presentava ora il problema: come poteva essere fissato un corpo che si muoveva alla velocità di circa 12 metri al secondo? Il primo giorno, il primo tentativo di aprire e chiudere l’obiettivo non diede alcun risultato; il secondo giorno, aumentando la velocità di apertura e di chiusura, fu colta un’ombra. Il terzo giorno, il signor Muybridge, avendo studiato a fondo il problema, progettò di far scivolare, grazie ad una molla, due cartoni uno sopra l’altro, avendo cura di lasciare un’apertura di un ottavo di pollice [cm. 0,31] per un cinquecentesimo di secondo, nel momento in cui il cavallo passava. Disponendo di due obiettivi incrociati, riuscì a ottenere un negativo che mostra Occident in pieno movimento: un’immagine perfetta del famoso cavallo” .

https://www.amusingplanet.com/2019/06/the-galloping-horse-problem-and-worlds.html

Il lavoro immenso di Muybridge (circa 30.000 negativi in circa un anno dal 1884 al 1885) furono pubblicati in 781 tavole vendute in undici volumi dal titolo Animal Locomotion (1887).

Si serviva poi per la proiezione di uno strumento che chiamò zoopraxiscope basato su un popolare giocattolo che si chiamava zoetrope.

L’invenzione del cinema seguì direttamente queste ricerche. I fratelli Louis e August Lumiere presentarono il loro primo Cinematographe nel 1895.

Negli stessi anni furono inventati i primi flash.
Il giornalista di cronaca nera di new york Jacob Riis, indagava con la fotografia i bassifondi della città, e in queste situazioni, per rendere l’immagine diretta e adatta alla scarsa qualità di stampa dei giornali di allora cominciò a sperimentare con la Blitzlichtpulver , la polvere di magnesio.

 

 

 

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Lezioni 6 & 7 – Tecnica – Sviluppo del negativo

Lo sviluppo del negativo si effettua attraverso una sequenza di bagni in tre diverse sostanze chimiche mischiate con acqua:

1° BAGNO: SVILUPPO

Il bagno di sviluppo o “rivelatore” è una sostanza chimica che “rivela” l’immagine latente e la fa diventare visibile, tramite la trasformazione dei cristalli degli alogenuri di argento presenti nel negativo, e colpiti dalla luce durante l’esposizione, in argento solido nero.

Più intenso lo sviluppo = più scura l’immagine negativa = più chiara la stampa positiva.

La concentrazione di liquido di sviluppo, la temperatura della soluzione, la durata del bagno e la frequenza e quantità di agitazioni a cui il negativo è sottoposto nella soluzione di sviluppo sono fattori che determinano l’intensità del processo di sviluppo. la misura di questi fattori varia a seconda della marca e del tipo di pellicola e di sostanza chimica.

Perciò si possono trovare I parametri ideali per lo sviluppo della tua pellicola nella confezione del negativo o nelle istruzioni del liquido di sviluppo.

Ecco la tabella ufficiale Ilford con I parametri necessari per I diversi tipi di pellicole Ilford in congiunzione con I più usati liquidi di sviluppo Ilford e non:

Ilford FP4 Plus data sheet

Ilford HP5 Plus data sheet

Fomapan 100 Classic data sheet

Bergger Pancro 400 data sheet

Ecco la tabella di sviluppo della pellicola Bergger parco 400 con i liquidi di sviluppo più comuni:

La tabella tecnica del liquido di sviluppo Hydrofen che usiamo in laboratorio:

Altre combinazioni di liquido e pellicola possono essere reperiti tramite dei tool online. Qui ad esempio La Bergger 400 con sviluppo Hydrofe:

https://www.digitaltruth.com/devchart.php?Film=Bergger+Pancro+400&Developer=Bellini+Hydrofen&mdc=Search&TempUnits=C&TimeUnits=D

Qui Hydrofen con Fomapan:


2° baGNO: STOP

Il bagno di Stop consiste in un forte lavaggio usato per stoppare il processo di sviluppo prima del bagno di Fissaggio, al fine di standardizzare e controllare l’intensità dello sviluppo. Evita che la pellicola continui a svilupparsi anche dopo aver interrotto il bagno a causa di residui di soluzione di sviluppo rimasti sulla pellicola ed evita di contaminare la soluzione di fissaggio del bagno successivo che potrebbe altrimenti perdere gradualmente efficacia.

Ecco la scheda dello Stop Bellini (quello che usiamo in laboratorio):


3° BAGNO: FiSSAGGIO (O FIX)

Il bagno di fissaggio è usato per eliminare dal negativo tutti gli alogenuri d’argento non esposti (quelli nelle parti dell’immagine sul negativo non colpiti dalla luce, corrispondenti quindi alle parti in ombra) per evitare che la pellicola continui a impressionarsi (e quindi a scurirsi) una volta finito il processo. Lavando via gli alogeni restanti il fissaggio rivela le parti trasparenti del negativo che lasceranno passare la luce durante il processo di stampa.

Ecco la scheda tecnica dell’ Ilford Rapid Fixer che usiamo in laboratorio:

Ilford Rapid Fixer data sheet

 

 

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Lezione 8, 9 & 10 – Techniques – Media theatre – Digital photography and lighting

Nascita del digitale – Funzionamento del sensore – RGB – Cenni sul colore – “Post-fotografia”
Esercitazione di riproduzione fotografica dell’opera d’arte. Riproduzione di dipinti e statue.

The first digital image was produced through a SEAC (Standards Eastern Automatic Computer) computer by Russell Kirsch at NIST (National Institute of Standards and Technology) in 1957. It was an image of his son Walden.

SEAC 1n (built in 1951).
On July 15, 1965, Mariner 4 transmitted this image of the Martian surface from 7,829 miles away.
Initially stored on a 4-track tape recorder, these pictures take four days to transmit back to Earth.

The sensor was invented by Willard S. Boyle and George E. Smith at Bell Labs in 1969 who realized that electric charges could be stored in a semiconductor sensor.

A sensor is made up of millions of cavities called “photosites,” and these photosites open when the shutter opens and close when the exposure is finished (the number of photosites is the same number of pixels your camera has). The photons that hit each photosite are interpreted as an electrical signal that varies in strength based on how many photons were actually captured in the cavity. The range of variations the sensor can interpet (for each photosite/pixel) depends on your camera’s bit depth.

Bit depth is calculated in binary sequences of 0 and 1. An 8 bit image can use a total of eight 0’s and 1’s, where:

00000000 is total black and 11111111 is total white. Al the other combinations are different shades of grades from black to white.

So, a photon (a quantum of electric charge present in light) hits the photosite which measure its intensity in binary system to be elaborated by a CPU and transformed in different shades of gray from black to white.

 

Black and white and colour sensors

 

By placing a RGB (Red, Green, Blue) filter on the photosites the CPU can calculate for each light hitting the sensor how much red, green and blue are in it and elaborate colors.

the first published color digital photograph was produced in 1972 by Michael Francis Tompsett using CCD sensor technology

WHY RGB?

The trichromatic theory of vision was developed by the works of Thomas Young and Hermann von Helmholtz.

In 1802, Young postulated the existence of three types of photoreceptors (now known as cone cells) in the eye, each of which was sensitive to a particular range of visible light.[1]

Hermann von Helmholtz developed the theory further in 1850:[2] that the three types of cone photoreceptors could be classified as short-preferring (violet), middle-preferring (green), and long-preferring (red), according to their response to the wavelengths of light striking the retina. The relative strengths of the signals detected by the three types of cones are interpreted by the brain as a visible color.

In a 1855 paper based on those theories, James Clerk Maxwell proposed that, if three black-and-white photographs of a scene were taken through red, green, and blue filters, and transparent prints of the images were projected onto a screen using three projectors equipped with similar filters, when superimposed on the screen the result would be perceived by the human eye as a complete reproduction of all the colours in the scene.

Tartan Ribbon, J C Maxwell, 1861
A photograph of Mohammed Alim Khan (1880–1944), Emir of Bukhara, taken in 1911 by Sergey Prokudin-Gorsky using three exposures with blue, green, and red filters.

Produkin-Gorsky archive in Library of Congress

 

The Autochrome Lumière was an early color photography process patented in 1903[1] by the Lumière brothers.

Autochrome, Alfred Stieglitz by Edward Stechen (1907)

Halftone plate from autochrome, Gertrude Kasbier by Edward Steichen (1907)

The medium consists of a glass plate coated on one side with a random mosaic of microscopic grains of potato starch[7] dyed red-orange, green, and blue-violet (an unusual but functional variant of the standard red, green, and blue additive colors); the grains of starch act as color filters.

Unlike ordinary black-and-white plates, the Autochrome was loaded into the camera with the bare glass side facing the lens so that the light passed through the mosaic filter layer before reaching the emulsion.

 

 

 

 

 

 

The following developments where based on advanced version of this system.

In 1935 Kodak started the production of a film called Kodachrome that used (in principle) a similar technology. The film was composed by different emulsion layers filtered by different colored filter. The top blue layer captured the blue light, letting pass the red and the green one to be captured by other color-filtered emulsion layers. During the developing process each layer would show the color it was sensible to. Kodachrome was a reversal film, meaning that it was directly reversing into a positive image.

In 1941 Kodak produced the Kodacolor film applied the invention to negative film. Not only the light and shadows were inverted but also the colors. The chromogenic process transform each layer into an image with colors that are complementary to the colors of the subject. RGB —> CMY (K).

Kodachrome, Ektachrome and Kodacolor represented the standard of color photography until the diffusion of digital photography.

William Eggleston, Greenwood Mississippi 1973
William Eggleston, Memphis 1969
William Eggleston, Memphis 1969

Eggleston on MOMA

During the 60s and the 70s the number of produced photographs increased drastically and photography definitely became part of the everyday life of the citizen: a common instrument to celebrate and document important family or personal moment (a legacy of the role of photography in the emancipation of the bourgeois?) and a mass activity especially in connection with tourism (a legacy of the relation between photography and XIXth century spirit of Progress?). (see Roger Minick tourists at Yellowstone).

The process of popularization had started quite a while earlier:

George Eastman (1854–1932), a former bank clerk from Rochester, New York invented and marketed the Kodak #1 in 1888, “a simple box camera that came loaded with a 100-exposure roll of film.

When the roll was finished, the entire machine was sent back to the factory in Rochester, where it was reloaded and returned to the customer while the first roll was being processed. […]

To underscore the ease of the Kodak system, Eastman launched an advertising campaign featuring women and children operating the camera, and coined the memorable slogan: “You press the button, we do the rest.”

Within a few years of the Kodak’s introduction, snapshot photography became a national craze. Various forms of the word “Kodak” entered common American speech (kodaking, kodakers, kodakery), and amateur “camera fiends” formed clubs and published magazines to share their enthusiasm. By 1898, just ten years after the first Kodak was introduced, one photography journal estimated that over 1.5 million roll-film cameras had reached the hands of amateur shutterbugs.” (Mia Fineman on Met Museum website)

Back to digital photography, those numbers are no longer extraordinary if we compare them with  what we are experiencing after the invention of digital photography and, even more, after the introduction of smartphones and social media.

“Flash back to the glory days of film photography: 2000. That year, Kodak announced that consumers around the world had taken 80 billion photos, setting a new all-time record. The explosion of digital photography has since rendered such statistics almost quaint. This year, according to the market research firm InfoTrends, global consumers will take more than one trillion digital photos.

The growth in the number of photos taken each year is exponential: It has nearly tripled since 2010 and is projected to grow to 1.3 trillion by 2017. The rapid proliferation of smart phones is mostly to blame. Seventy-five percent of all photos are now taken with some kind of phone, up from 40 percent in 2010. Full-fledged digital cameras now represent only 20 percent of the tally, and are expected to drop to just 13 percent by 2017, InfoTrends said.” (The New York Times, July 29, 2015)

 

Media experts estimated that in 2015 only world population produced more photographs than those taken on film in the entire history of photography.


Post-photography

The essence of digital imaging (the bit language, the digital grid of pixels, the transcoding into images…) , the overproduction of photographs, the social consequences of the mediatization of private life through social media, are now trending topics for a generation of visual researchers and artists who are now investigating and challenging the relation we have with contemporary images. 
Just Like Arcadia by Discipula Collective
Code, digital, image corruption.
Just Like Arcadia describes the disintegration of a digital image through the manipula-tion of its JPEG code. The image is a render of the Garden Bridge, a planned but never realized architectural project by Thomas Heather-wick Studio (and at the centre of a lively debate on London’s misuse of public funds). Its JPEG code is progressive-ly “corrupted” by the inser-tion of verses from the 1598 poem “La Arcadia” by the Spanish writer Felix Lope de Vega. De Vega’s words describe an imaginary, idillic landscape that seems to resonate per-fectly with the vision of the Garden Bridge project’s proponents – a vision at odds with the social issues that London is currently facing.
Exercise: Open a jpg file with a txt editor. Change something and save. change extension to jpg again. see what happen

 

Fabrizio Bellomo “Ritratti numerici” (2017)
grid, pixels, binary, digital


 

Thomas Ruff “Nudes” (2000)
Found images, digital corruption, spectacularization, medium
The source images in Ruff’s “nudes” (a classical topic in art history) series were culled from the sea of pornography that floods the Internet. The artist, who often works with appropriated imagery, downloaded the pictures and manipulated them on his computer, intensifying colors, blurring outlines, and greatly enlarging the scale. At once visually ravishing and provocatively blunt, the photographs address the collapse between public and private in contemporary culture as well as the tradition of voyeuristic delectation inspired by the many pictures of female flesh hanging in this or any other art museum.

By enlarging the images Ruff plays with people attraction to look (like in porn on the internet) at something private but immediately disappoints them when they discover those images are blurred. In a gallery you can see very large nudes hanging on the walls and they would appear sharpen. But once you get close you will no longer see the details you were seeking.

https://www.davidzwirner.com/exhibitions/2000/nudes


 

Thomas Ruff, “jpegs”. (2004)
pixels, quality of information in digital communication, medium


 

Erik Kessels “In almost every picture”, book series, 2002 – ongoing
Found photos, overproduction of images, self publishing, social effects of diffusion of photography, medium

https://www.erikkessels.com/in-almost-every-picture


 

Erik Kessels, “My feet” (2014)
Overproduction, spectacularization of private, self-alimented iconography, repetition


 

Erik Kessels, “24hrs in photos”
Overproduction, spectacularization of private

Exhibition at Foam, Amsterdam.

We’re exposed to an overload of images nowadays. This glut is in large part of the result of image-sharing sites like Flickr, networking sites like Facebook and Instagram and picture-based search engines. Their contact mingles the public and private, with the very personal being openly displayed. By printing 350.000 images, uploaded in a twenty-four hours period, the feeling of drowning in representations of other peoples’ experiences is visualized.
https://www.erikkessels.com/24hrs-in-photos


 

Dina Kelberman, “I’m Google” (2011)
Overproduction, algorythm, code

https://dinakelberman.tumblr.com/

Google image algorythm. Captcha


 

Taryn Simon, Image Atlas
Image search, algroythm, code

http://www.imageatlas.org/


 

Gerhard Richter, Atlas (1960s-2015?)
Overproduction, iconography, photographs for painters

A collection of photographs, newspaper cuttings and sketches that the artist has been assembling since the mid 1960s. A few years later, Richter started to arrange the materials on loose sheets of paper.
“In the beginning I tried to accommodate everything there that was somewhere between art and garbage and that somehow seemed important to me and a pity to throw away.”

Exhibition at Louisiana Museum of Modern Art, Humlebæk, Danimarca (1994)

https://www.gerhard-richter.com/it/art/atlas?sp=all


 

Adam Broomberg and Oliver Chanarin, Divine Violence (2013)
Archive, re-interpretation,

Illustrating a Holy Bible with pictures from The Archive of Modern Conflict (London)


 

 

Giorgio di Noto, The Arab revolt (2011)
Media, first-hand information, appropriation

From the website of the author:

“The documentation for these events was for the most part provided by the populations involved who, using smart-phones and small video cameras, published and shared pictures and videos of the revolts on the internet.
[…]
The black-and-white instant films made it possible to capture and extract single images from the fast-flowing stream of the videos without showing the screen surface: both pixels and low-definition flaws disappeared, melting with the film’s peculiar emulsion and bringing the virtual image back to its concrete state as a real and material object.
Through this ambiguity, which managed to conceal the nature of the photographs, I wanted to represent the overlap between documenting and witnessing, between pictures produced (and post-produced) by photographers and home-made pictures provided by people actually participating in the events.”
https://www.giorgiodinoto.com/thearabrevolt#0


 

Penelope Umbrico, “Suns from Sunsets from Flickr”, 2006 – ongoing
Overproduction, self-omologation, iconography

http://www.penelopeumbrico.net/index.php/project/suns-from-sunsets-from-flickr/


 

Mishka Hener, Dutch landscapes, 2011
google earth, landscape, control

Dutch military zones censored on Google Earth

https://mishkahenner.com/dutch-landscapes


 

Jeff Guess, Fonce Alphonse, 1993
Surveillance, cameras everywhere

Fonce Alphonse represents one of the most intimate and yet coded events in the life of a couple, marriage. For the occasion, my fiancée and I intentionally exceeded the speed limit on our wedding day, put the pedal to the metal in order to have the Police Nationale snap our nuptial portrait.
https://www.guess.fr/works/fonce_alphonse


 

Aram Bartholl, 15 seconds of fame, (2009)
Surveillance, cameras everywhere

https://arambartholl.com/15-seconds-of-fame/


 

Michael Wolf, “A series of unfortunate events” (2011)
Google street view, screen, appropriation

https://photomichaelwolf.com/#asoue/29


 

Manu Luksch, Faceless, 2007
Surveillance, cameras everywhere


 

Josh Poehlein, Modern History (2007)
appropriation , collage, information reliability

https://www.inthein-between.com/the-modern-histories-of-josh-poehlein/

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Lezione 11 (DAD) – Storia – Pittorialismo – Straight photography –  Avanguardie – Fotografia documentale – campagne pubbliche

Arte o no?

Il dibattito fra finalità documentarie e pittorialismo continuava, ma la prima “azione concreta” a favore di una fotografia artistica fu preso dal Linked Ring, un gruppo di fotografi che si stacca dalla Photographic Society, deluso dal rifiuto di quest’ultimo per la fotografia artistica.
Il Ring organizzò a Londra una serie di mostre intitolate Photographic Salon per ospitare le opere della pictorial photography

Nello statement il linked ring invocava:
– L’emancipazione della fotografia, detta giustamente pittorica, dal giogo raffrenante e mortificante di ciò che era strettamente scientifico o tecnico, con cui la sua identità era stata da troppo tempo confusa.
– il suo sviluppo come arte indipendente
– il suo progredire sulla strada che essi ritenevano giusta per giungere a quella che, date le possibilità logiche aperte alla loro visione mentale, si presentava come la terra promessa.

EMERSON-Peter-Henry-Raccolta delle ninfee
George Davison, 1890, the onion field
robert demachy, behind the scenes, 1897
heinrich-kühn-a-study-in-sunlight-1905
frederick h evans – a sea of steps – wells cathedral – 1903
alfred stieglitz – paula o Raggi di sole a Berlino 1889
alfred_stieglitz_mending_nets_1894
max liebermann – Die-Netzflickerinnen
stieglitz venetian gamin
Stieglitz Reflections-Night 1896

Stieglitz torna a New York e diventa direttore della Society of Amateur photographer che poi confluisce nel New York Camera Club e trasformo la sua rivista trimestrale Camera Notes che cominciò a ospitare e a promuovere mostre di fotografia pittorica.
Stieglitz era un trascinatore carismatico e intorno al Club ruotavano molti fotografi pittorialisti.

Gertrude Kasbier – benedetta sii fra le donne 1900
Miss N (Portrait of Evelyn Nesbit), 1903 by Gertrude Käsebier
clarence white -letitia-felix-1901
clarence white frutteto
Eduard Steichen – frost covered pool 1899

Steichen solitude 1901

 

steichen matisse e la serpentina 1909

Steichen Rodin e il pensatore 1902

Eduard Steichen è il primo dei fotografi ammesso nel Salon des Beaux Arts di Parigi e Stieglitz lo annunciò pomposamente su Camera Notes, quasi come una vittoria personale.

Nel 1902 Stieglitz fonda una nuova società chiamandola Photo-Secession (dalla Secession degli artisti tedeschi e austriaci dell’art nouveau) fra i cui soci c’erano la Kasebier, Steichen,  Clarence White,  e altri.
Photo-Secession si proponeva di:
– Far progredire la fotografia come espressione pittorica
– promuovere incontri e associazioni fra gli americani che praticassero l’arte o vi fossero interessati
– organizzare di quando in quando, in luoghi diversi, esposizioni non necessariamente limitate alla produzione della Photo-Secession o alle opere americane

Stieglitz fu licenziato da direttore di Camera Notes, in quanto gli altri soci pensavano che lo usasse come organo di comunicazione della photo secession e Stieglitz fondò di tutta un nuovo trimestrale col nome di Camera Work che pubblico 50 numeri fra il 1903 e il 1917. Steichen era il direttore artistico e si occupava della grafica e della copertina (art director). Il primo numero era dedicato alla Kasebier, il secondo a Steichen…


Reazione:

I pittori di avanguardia vedevano una liberazione nella fotografia. Non era più il loro ruolo rappresentare la realtà, o forse non c’era più bisogno di fingere di farlo. Nacque il cubismo e l’arte astratta.

I fotografi e i critici di fotografia cominciarono a difendere l’unicità della fotografia in quanto tale. La fotografia non deve essere arte perchè imita i dipinti ma può essere arte in quanto tale come mezzo di visione del reale.

In una recensione di una mostra di Photo Secession al Carnagie Institute nel 1904, il critico Sadakichi Hartmann scrisse:
“E quella che io chiamo fotografia diretta (straight photography) – mi domanderanno – come può definirla? Beh, è abbastanza facile. Affidatevi al vostro apparecchio, al vostro occhio, al vostro buon gusto, alla vostra conoscenza della composizione, considerate ogni variazione di colori, di luce e d’ombra, studiate linee; valori, divisioni degli spazi, aspettate pazientemente che la scena o l’oggetto che vi siete proposti di raffigurare si riveli nel suo supremo momento di bellezza; in poche parole, componete l’immagine in modo tale che il negativo sia assolutamente perfetto e non abbia bisogno di alcuna o tutt’al più di una modestissima manipolazione. Io non mi oppongo al ritocco, alle eliminazioni o alle accentuazioni, fintanto che non interferiscono con le qualità naturali della tecnica fotografica. I segni e le linee del pennello, d’altro canto, non sono elementi naturali della fotografia, e io mi oppongo e sempre mi opporrò a fare uso del pennello, a imbrattare con le dita, a scarabocchiare, scalfire e sgorbiare sulla lastra, nonché al procedimento con la gomma bicromatata e con la glicerina, se tali mezzi sono usati soltanto per creare effetti confusi, indistinti.
Non fraintendete le mie parole. Non voglio che l’operatore fotografico stia abbarbicato a metodi prescritti e a modelli accademici. Non voglio che sia meno artista di quanto sia oggi, anzi io voglio che sia artista, ma solo nei modi legittimi… Voglio che la fotografia pittorica sia riconosciuta come arte bella. È un ideale che amo… e per il quale combatto da anni, ma sono altrettanto convinto che lo si può raggiungere soltanto con la fotografia pura.”

Stieglitz, furbo come al solito organizzò, organizzò molte mostre di pittura delle avanguardie esponendo in america Cezanne, Brancusi, Matisse, Picasso, Braque, Picabia…

Stieglitz the steerage – 1907
georgia-okeeffe-portrait-stieglitz

https://archive.artic.edu/stieglitz/portraits-of-georgia-okeeffe/

Stieglitz Equivalents 1927

Steglitz “Equivalents”

Paul Strand Ritratto in Washington Square 1916
Paul Strand Staccionata Bianca 1916
Strand Paul, Rocks, Port Lorne, Nova Scotia, 1919
Paul Strand Wall Street 1917
Charles Sheeler Ford Plant detroit 1927
paul-outerbridge-jr.-the-piano,-1926
edward-steichen-backbone-and-ribs-of-a-sunflower 1920
Ralph Steiner american rural baroque 1930
walker evans Maine Pump 1933
edward Weston Nude 1925
Edward Weston Clouds in Mexico 1926
edward-weston-palma-cuernavaca-1925
Edward Weston, Pepper 1930
Cabbage-Leaf-Edward-Weston-1931
Edward-Weston-Dune-bianche-Oceano-California-1936
Edward Weston Excusado 1925
“Fontaine”, Marcel Duchamp (readymade 1917)
Gabrielle Buffet, Louis Aragon, Arp, André Breton, Paul Eluard, Th. Fraenkel, J. Hussar, Benjamin Péret, Francis Picabia, Georges Ribemont-Dessaignes, Jacques Rigaut, Philippe Soupault, Tristan Tzara

Dada Zurich Christian Schad.

Christian Schad, “Schadographie” 1918
Christian Schad, “Schadographie” 1918

 

Man ray rayographs

Man Ray 1923
Man ray 1920

 

Laszlo Moholy-Nagy

Laszlo Moholy-Nagy 1928
Laszlo Moholy-Nagy, berlin Radio Tower 1928
Aleksandr Rodcenko 1920-30s
Aleksandr Rodcenko. At the telephone 1928
Andrè Kertèsz, montmarte 1927
Kertész

 


Fotografia sociale, fotografia documentaria, campagne fotografiche pubbliche

Parallelamente alla Straight Photography si sviluppa una attenzione al sociale e la fotografia viene riconosciuto come mezzo per documentare lo stato di un territorio, di un paese, di una popolazione.

Nel 1927 morì ancora sconosciuto Jean-Eugene- August Atget (solo la rivista “La Revolution Surrealiste” aveva pubblicato le sue vedute) che aveva lavorato sul paesaggio sociale e urbano in da un lato classica (quanto alle tecniche) e dall’altro completamente personale e precorritrice, su molte tendenze ancora contemporanee dello storytelling visuale del territorio.

L’altra biforcazione del linguaggio fotografico di quegli anni è nel riuconoscimento della fotografia come documento storico. Già nel 1889 il British Journal of Photography scrive della necessità di produrre con la fotografia a record as complete as it can be made … of the present state of the world and to provide ‘valuable documents’ for the future.

Lewis Hine in the archive of the National  Child Labor Committee

Building a nation

Founded in 1904, the National Child Labor Committee set out on a mission of “promoting the rights, awareness, dignity, well-being and education of children and youth as they relate to work and working.” Starting in 1908, the Committee hired Lewis W. Hine (1874-1940), first on a temporary and then on a permanent basis, to carry out investigative and photographic work for the organization. The more than 5,100 photographic prints and 355 glass negatives in the Prints and Photographs Division’s holdings, together with the often extensive captions that describe the photo subjects, reflect the results of this early documentary effort, offering a detailed depiction of working and living conditions of many children–and adults–in the United States between 1908 and 1924.

Fourteen year old spinner. Lewis Hine, 1913.
Lewis Hine, Ellis Island 1905 – 1926
Lewis Hine, Ellis Island 1905 – 1926
Lewis Hine, Ellis Island 1905 – 1926

FSA – Farm Security Administration – 1937-1944

Nel 1937 nell’ambito del programma di riforme avviato da Franklin D Roosevelt lòa Farm Security Administration incaricò un gruppo di fotografi di documentare lo stato dell’entroterra americano e permettere così agli amministratori di vedere le situazioni su cui intervenire o investire.

Uno dei primi ad essere assunto fu Walker Evans.

Walker Evans, FSA, 1936
Walker Evans, FSA, 1936
Walker Evans, FSA, 1936
Walker Evans, FSA, 1936

 

Dorothea Lange

Dorothea Lange, Destitute pea pickers in California. Mother of seven children. Age thirty-two. Nipomo, California. 1936 (Migrant Mother)
Alfred Palmer
Howard Holle
Lee Russell
Lee Russell
Walker Evans
Farmer walking in dust storm Cimarron County Oklahoma by Arthur Rothstein

https://www.loc.gov/collections/fsa-owi-color-photographs/about-this-collection/

https://www.loc.gov/collections/fsa-owi-black-and-white-negatives/about-this-collection/

 


 

DATAR – France 1984 – 1989

https://missionphoto.datar.gouv.fr/accueil

To mark its two decades of existence, the Delegation for Planning and Regional Action (DATAR) launched a vast artistic commission of photographs with the aim of “representing the French landscape in the 1980s”

Through their shots, the photographers of the DATAR Mission sketched out an original representation of the land, successor to both the documentary aesthetics of the 1930s as well as to the more contemporary work of American photographers of the New Topographics (1975). Centred on a landscape of the ordinary and the everyday life, some offer new takes on the genre’s traditional categories of countryside, mountain scenery or seascape, while others focus their lens on commonplaces and “non-places” (Marc Augé, 1992), those familiar places that the eye no longer takes in or those left at the margins of the traditional representation of the territory

Dominique Auerbacher
Lewis Baltz
Gabriele Basilico
Bernard Birsinger
Alain Ceccaroli
Marc Deneyer
Raymond Depardon
Despatin & Gobeli
Robert Doisneau
Tom Drahos
Philippe Dufour
Gilbert Fastenaekens
Pierre de Fenoÿl
Jean-Louis Garnell
Albert Giordan
Frank Gohlke
Yves Guillot
Werner Hannapel
François Hers
Josef Koudelka
Suzanne Lafont
Christian Meynen
Christian Milovanoff
Vincent Monthiers
Richard Pare
Hervé Rabot
Sophie Ristelhueber
Holger Trülzsch

 

 

 

 


Viaggio in Italia
1973-1984 / 251 esemplari / 261 immagini online

Il fondo raccoglie la maggior parte delle fotografie dell’innovativo progetto dal titolo Viaggio in Italia, ideato da Luigi Ghirri e curato da Ghirri stesso, Gianni Leone e Enzo Velati, che furono presentate nel 1984 in una mostra presso la Pinacoteca Provinciale di Bari (e in mostre successive a Reggio Emilia e a Genova) e in parte pubblicate in un volume edito dal Quadrante di Alessandria, accompagnate da un saggio di Arturo Carlo Quintavalle e da uno scritto di Gianni Celati. Il progetto è ormai considerato una pietra miliare per la storia della fotografia contemporanea italiana e le idee che lo guidarono possono anzi considerarsi una sorta di “manifesto” di quella che, nata nei primi anni Ottanta, sarebbe diventata nel corso di più di un ventennio una fondamentale tendenza della ricerca fotografica del nostro paese affermatasi a livello internazionale: quella che viene denominata “scuola di paesaggio italiana”.

 

 

BARBIERI, OLIVO | BASILICO, GABRIELE | BATTISTELLA, GIANNANTONIO | CASTELLA, VINCENZO | CAVAZZUTI, ANDREA | CHIARAMONTE, GIOVANNI | CRESCI, MARIO | FOSSATI, VITTORE | GARZIA, CARLO | GHIRRI, LUIGI GUIDI, GUIDO | HILL, SHELLEY | JODICE, MIMMO | LEONE, GIANNI | NORI, CLAUDE | SARTORELLO, UMBERTO TINELLI, MARIO | TULIOZI, ERNESTO | VENTURA, FULVIO | WHITE, CUCHI

http://www.mufocosearch.org/fondi/FON-10070-0000004?pageCurrent=3

 


Archivio dello spazio
1987-1997 / 7.461 esemplari / 7.459 immagini online

Dal 1987 al 1997 vengono organizzate sette campagne fotografiche sui territori dei quasi duecento Comuni della Provincia di Milano. Il lungo progetto fotografico, che prende il nome di Archivio dello spazio, vede impegnati 58 fotografi, dai maestri italiani del paesaggio fino alle giovani generazioni (ad eccezione di 2 autori stranieri), e porta alla produzione di un vasto insieme di fotografie che costituisce oggi una collezione di grande valore storico.

http://www.mufocosearch.org/fondi/FON-MI170-0000001

 

 

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Lezione 12, 13, 14 , 15 – Stampa fotografica in bianco  e nero e sviluppo del progetto personale.

Aggiungere le tabelle con diluizioni, tempi, tecniche di stampa

 

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