Distretto postindustriale

A sud di Porta Portese, lungo le sponde del fiume Tevere, si incontra una serie di importanti architetture, facenti parte di un distretto industriale prosperoso a cavallo fra XIX e XX secolo, accomunate da processi di conversione in luoghi di produzione culturale. È il caso del Teatro India (ex Società Colla e Concimi, 1899, poi Mira-Lanza dal 1917), del Museo Centrale Montemartini (ex Azienda Elettrica Municipale, 1909) o dell’ex Mattatoio di Testaccio che ospita iniziative di arte contemporanea, una sede distaccata dell’Università di Roma Tre e gli eventi del RomaEuropa Festival.

La stessa sede di Naba appartiene all’ex complesso produttivo di energia elettrica della città di Roma e ha ospitato per lungo tempo la sede di ENEL Energia.



Il laboratorio ha l’obiettivo di realizzare, in un arco progettuale di 3 anni, un archivio fotografico delle architetture industriali del distretto Ostiense – Testaccio – Portuense.

L’archivio comprenderà sia una raccolta di fotografie di documentazione delle singole architetture e delle aree urbane in cui insistono, sia una serie di ricerche visuali, basate sul mezzo fotografico, concernenti particolari soggetti e temi legati al distretto post-industriale ostiense. 


 

Il legame fra fotografia e industria è originario e risale alla nascita stessa del mezzo.

Gli anni della invenzione della fotografia corrispondono infatti al periodo della nascita di una nuova visione del mondo che poneva al centro il progresso tecnologico come motore di sviluppo della civiltà umana.
Il fatto che diversi soggetti (1827 – Joseph-Nicéphore Niepce; 1837 – Louise-Jacques-Mandè Daguerre; 1835 – William Henry Fox Talbot), in un arco temporale ristretto, sentissero la necessità di sperimentare sulle possibili modalità di fissare le immagini non è casuale. Tutti percepivano che una invenzione del genere era necessaria per documentare questo nuovo mondo. Tutti erano uomini del loro tempo, pervasi dello spirito del Progresso del XIX secolo. Tutti, prima di essere fotografi o artisti erano inventori, imprenditori, al passo coi tempi.

I primi usi della fotografia, all’indomani della sua invenzione, riflettevano infatti questo spirito. Legati al concetto di Progresso erano infatti quelli di “scoperta”, “esplorazione dell’inesplorato”, conoscenza che ritroviamo ad esempi nell’esperienza dell’Excursions Daguerriennes (1840-1844):

Louis Blanquart-Evrard nel 1850 progetto una carta di stampa che riduceva i tempi di stampa di una copia a 6 – 15 secondi. Ricopriva la carta con del bianco d’uovo nel quale erano disciolti bromuro di potassio e acido acetico. Una volta asciutta veniva agitata in una soluzione di nitrato d’argento e ri-asciugata. Il foglio così preparato veniva sovrapposto al negativo ed esposto al sole. La sua Imprimeriè Photographique di Lille di produrre alte tirature di “Album photographique”.

Il suo capolavoro fu Egypte, Nubie, Palestine, et Syrie contenente 122 foto di Maxime Du Camp un letterato che aveva viaggiato in Medio Oriente fra il 1849 e il 1852, insieme a Gustave Flaubert.

Scrive Du Camp:
“Mi ero reso conto nei miei viaggi recedenti che perdevo molto tempo prezioso tentando di disegnare edifici e panorami che non volevo dimenticare.[…] Sentivo che avevo bisogno di uno strumento di precisione per registrare le mie impressioni se poi volevo riprodurle accuratamente.”

https://www.metmuseum.org/art/collection/search#!?q=Maxime%20Du%20Camp&perPage=20&sortBy=Relevance&offset=0&pageSize=0

La centralità della fotografia nel mondo del XIX secolo e il suo legame con il progresso è dimostrato dal successo della fotografia alla Grande Esposizione delle Opere dell’Industria tenutasi a Londra al Crystal Palace nel 1851. l’equivalente delle attuali World Expo.


John Edwin Mayall
The Crystal Palace at Hyde Park, London, American, 1851


L’esplorazione

In particolare il desiderio umano di scoperta (e di sfruttamento economico dei nuovi territori) si rivolse presto verso i nuovi territori del West Americano, grazie ad una serie di fotografi che, dopo aver documentato la Guerra Civile americana, venivano ingaggiati per fotografare la nuova frontiera al seguito delle campagne esplorative guidate dagli stessi militari che la avevano vinta.

E O Beaman, The Heart of Lodore, Green River, Colorado. Spedizione nel Gran Canyon del generale John Wesley Powell (1871)
Timothy H. O’Sullivan, Desert Sand Hills near Sink of Carson, Nevada, 1867.
Spedizione di Clarence King al 40° parallelo.
Timothy H. O’Sullivan,
Spedizione di Clarence King al 40° parallelo.
Thimothy O’Sullivan, Cañon de Chelle. Walls of the Grand Cañon about 1200 Feet in Height 1873
Timothy O’Sullivan, Pramyd Lake, Nevada, Clarence King Expeditions at the 40° parallel
O’Sullivan, Black Cañon, Colorado River, from Camp 8, Looking Above, 1871.
Spedizione di George Wheeler a ovest del 100° meridiano
Timothy O’Sullivasn, Ancient Ruins in the Cañon de Chelle, N.M. In a niche 50 feet above present Cañon bed.
Geoplogical and geographical survey in Arizona 1873
William Henry Jackson,
the beehive group of geysers, Yellowstone Park, 1872 Hayden Geological and Geographical expedition
William Henry Jackson
Summit of Yupiter Terraces, 1871.
Hayden Geological and Geographical expedition
William Henry Jackson
Rocky Mountains
William Henry Jackson,
assistants
Carleton Watkins,
El Capitan, Yosemite, 1865
Carleton Watkins Streamandtrees,
Yosemite, 1865

Carleton_Watkins,_Yosemite_Valley,_California,_ca._1865

 

 


La ferrovia

E per tutto l’800 la fotografia, spesso direttamente, documentava il progresso tecnologico, e i suoi simboli. Uno fra tutti, la costruzione delle ferrovie americane con i suoi ponti, direttamente legata alla scoperta e alla accessibilità del west americano (con tutte le sue promesso di sfruttamento economico).

La ferrovia e la fotografia incarnavano infatti lo stesso mito del progresso ottocentesco e ne erano il simbolo. Lavorare alla costruzione della ferrovia e mettersi in posa per il fotografo sono due modi per sentirsi parte di quel Progresso umano.

A. collard Roundhouse on the bourbonnais railway, nevers, 1860-63

 

william england niagara suspension bridge 1859
unknown construction of the forth bridge 1884
unknown brooklyn bridge under construction 1878
Andrew J Russell Construction of the railway at Citadel Rock Green River Wyoming 1867
Andrew J Russell meeting of the Rails promontory Point utah 1869

Alexander Gardner, Trestle Bridge near Fort Harker, 216 miles west of Missouri river

 


La fiducia nel progresso era così incrollabile che pochissimi volsero lo sguardo alle conseguenze di questa veloce industrializzazione.

timothy o’sullivan miner at work comstock lode 1867
george bretz breaker boys eagle hill colliery 1884
Jacob Riis. Five Cents lodging 1889
Jacob Riis. Five Cents lodging 1889
Jacob Riis. Five Cents lodging 1889

Founded in 1904, the National Child Labor Committee set out on a mission of “promoting the rights, awareness, dignity, well-being and education of children and youth as they relate to work and working.” Starting in 1908, the Committee hired Lewis W. Hine (1874-1940), first on a temporary and then on a permanent basis, to carry out investigative and photographic work for the organization. The more than 5,100 photographic prints and 355 glass negatives in the Prints and Photographs Division’s holdings, together with the often extensive captions that describe the photo subjects, reflect the results of this early documentary effort, offering a detailed depiction of working and living conditions of many children–and adults–in the United States between 1908 and 1924.

Fourteen year old spinner. Lewis Hine, 1913.
Lewis Hine, Ellis Island 1905 – 1926
Lewis Hine, Ellis Island 1905 – 1926
Lewis Hine, Ellis Island 1905 – 1926

 


Il culmine della modernità

L’ottimismo per il progresso, al di là di alcune voci isolate, non crolla e trae nuova linfa dal giro di secolo. Il XX° secolo apre una stagione di celebrazione della tecnologia, della verticalità, della velocità e del progresso che sarà sintetizzata dal pensiero modernista e dai movimenti artistici e culturali come il Bauhaus, il costruttivismo russo e l’industrialismo americano.

Si celebra un ethos industriale che gli artisti del tempo trasformano spesso in un pathos industriale nono riuscendo a sfuggire ad una forma di reverenza vera e propria verso la macchina.

city mill of life kazimerz podsdadecki 1929
Abb 23 M Szczuka Kemal Pasha 1924
Margaret bourke white fort Peck dam montana 1936
imogen cunningham shredded wheat factory 1928
weston armco steel ohio 1922
steichen gorham sterling adv 1930
willard van dyke funnels 1932
charles sheeler 1932 industry
charles sheeler 1932 industry
berenice abbott 1933 new york at night


L’inizio della fine – La FSA – Il Post-modernismo

La prima vera grande delusione, il primo crollo collettivo della grande fiducia fino ad allora riposta nell’industria, nella tecnologia e nel progresso è causata dalla Grande Depressione del 1929.

L’America, araldo della modernità, subisce uno shock tremendo. Il presidente Roosevelt avvia un programma di riforme per dare aiuti alle comunità dell’entroterra americano a risollevarsi dalla depressione economica, la FSA – Farm Security Administration (1937-1944).

Nel 1937 la FSA incaricò un gruppo di fotografi di documentare lo stato dell’entroterra americano e permettere così agli amministratori di vedere le situazioni su cui intervenire o investire.

Uno dei primi ad essere assunto fu Walker Evans.

Walker Evans, FSA, 1936
Walker Evans, FSA, 1936
Walker Evans, FSA, 1936
Walker Evans, FSA, 1936

 

Dorothea Lange

Dorothea Lange, Destitute pea pickers in California. Mother of seven children. Age thirty-two. Nipomo, California. 1936 (Migrant Mother)
Alfred Palmer
Howard Holle
Lee Russell
Lee Russell
Walker Evans
Farmer walking in dust storm Cimarron County Oklahoma by Arthur Rothstein

https://www.loc.gov/collections/fsa-owi-color-photographs/about-this-collection/

https://www.loc.gov/collections/fsa-owi-black-and-white-negatives/about-this-collection/

La celebrazione del sogno americano è ancora presente ma molti dei fotografi partecipanti si soffermano sulle condizioni di quelli che on sono riusciti a salire sul tanto celebrato treno del progresso.

Negli stessi anni il termine POSTMODERNISMO comincia ad affacciarsi seriamente nel linguaggio dei sociologi e degli analisti. Il termine “postmodernità” fu usato in effetti per la prima volta come teoria generale per un movimento storico nel 1939 da Arnold J. Toynbee: “La nostra era post-moderna è stata inaugurata dalla guerra mondiale del 1914-1918”.

Inizia qui l’era, ancora viva, dello scetticismo verso la “grande narrativa” dell’industria occidentale edi un atteggiamento di generica e non circostanziata mancanza di fiducia nel progresso. Da qui la nascita di un’altra narrativa, quella tipica della fotografia sociale e del fotografo impegnato a denunciare i mali della contemporaneità. Non più le colossali imprese industriali, ma l’immane scempio degli scarti delle stesse. Non più le esplorazioni di paesi esotici e lontani, ma la denuncia dei sistemi coloniali. Non più la meraviglia delle città, ma il degrado ai margini dell’impero.


NEW TOPOGRAPHICS

Anche i fotografi paesaggisti cominciano a rimettere in gioco il loro sguardo sul paesaggio americano. Si forma un nuovo movimento di autori che non rappresenta più la maestosità della wilderness americana ma  un nuovo paesaggio urbano e naturale insieme, disilluso, in cui la natura ha perso e si è compromessa con le alterazioni provocate dall’uomo. Il culmine di questa ondata di paesaggisti è la mostra “New Topographics: Photographs of a Man-Altered Landscape” presso la la George Eastman House di Rochester, New York, nel gennaio del 1975.

Stephen Shore

Robert Adams

Joe Deal

Henry Wessel

Frank Gohlke
Richard Misrach

Roger Minick

New Topographics: Photographs of a Man-Altered Landscape
George Eastman House, Rochester, New York, 1975.
Fra gli autori in mostra ci sono anche i tedeschi Berndt e Hilla Becher che dagli anni 60 in poi producono una immane catalogazione di strutture industriali disseminate sul territorio tedesco e le raggruppano per tipologie.

Anonyme Skulpture: Eine Typologie technischer Bauten è la prima raccolta di Bernd e Hilla Becher, edita nel 1970. Il termine sculture (nel 1990 i Becher vinsero il Leone D’Oro alla Biennale di Venezia proprio nella categoria Scultura” ci fa capire che l’atteggiamento degli autori nei confronti delle industrie è cambiato. Le guardano ora non più per il loro spirito di Progresso ma come reperti di un passato glorioso e fallito e le musealizzano attraverso la fotografia, come è successo alle vestigia di altri imperi.

Nello stesso periodo Alain Touraine (La societé post-industrielle, 1969) e Daniel Bell (The Coming of Post-Industrial Society, 1973) utilizzano per la prima volta il termine “post-industriale” che in economia è utilizzato per indicare una società in cui la il lavoro per la produzione di servizi ha superato come quantità di lavoratori e di indotto economico quello della manifattura di beni; ma a livello sociale, urbanistico e culturale significa che gli stessi edifici industriali cominciano a perdere la loro funzione e diventano archeologia (industriale) o sono convertiti in istituzioni culturali in corrispondenza con la nascita dell’ “industria culturale”. È proprio il caso di Centrale Montemartini (museo), l’ex mattatoio (sede di università, di musei come il MACRO e di festival e eventi culturali), i magazzini generali (Istituto Superiore Antincendi), le vetrerie di Via Ostiense (Rettorato di Roma Tre), la stessa sede di NABA, ex edifico dell’Enel, azienda di produzione elettrica e oggi accademia di belle arti.

Nel 1969 esce anche al cinema “2001: A space odissea” in cui una macchina, il supercomputer Hal 9000  acquista una coscienza propria e porta alla morte gli uomini che doveva aiutare nel raggiungimento del progresso estremo, quello dei viaggi nel cosmo, ancora la nuova frontiera, l’inesplorato, la scoperta.


OGGI

Nonostante il dibattito continuo sul fallimento tecnologico, sulla strage dell’ecosistema, sul punto di non ritorno della terra, nonostante la forza dei movimenti ecologisti e il successo di istanze filosofiche come quelle sulla “Decrescita felice” (termine proposto dal filosofo francese Serge Latouche nel 2007), nonostante la sfiducia nei confronti del progresso sia ormai capillare nella società contemporanea (persino gli anziani guardano un nuovo cantiere con diffidenza), il mezzo fotografico non riesce a liberarsi totalmente dal legame profondo con il mondo dell’industria e dall’etichetta di “testimone del progresso”

Lo dimostra il fatto che non appena, grazie alla tecnologia, l’uomo fa un altro passo nella scoperta di qualcosa di nuovo, la macchina fotografica è la prima cosa che viene portata nell’ignoto, per restituirci delle immagini.

This view of nearly 10,000 galaxies is called the Hubble Ultra Deep Field. The snapshot includes galaxies of various ages, sizes, shapes, and colours. The smallest, reddest galaxies, about 100, may be among the most distant known, existing when the universe was just 800 million years old. The nearest galaxies – the larger, brighter, well-defined spirals and ellipticals – thrived about 1 billion years ago, when the cosmos was 13 billion years old. The image required 800 exposures taken over the course of 400 Hubble orbits around Earth. The total amount of exposure time was 11.3 days, taken between Sept. 24, 2003 and Jan. 16, 2004.
Il rover Curiosity inviato su Marte dalla Nasa

https://www.nasa.gov/mission_pages/msl/images/index.html

 

Altri link:

https://www.thomasstruth32.com/smallsize/photographs/new_works/index.html

https://photomichaelwolf.com

Misrach

Burtinsky

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